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Cinquanta sfumature di drago

Dell'universo i moti segreti
regge il Destino con influssi astrali,
ai più celati, ma non ai poeti:

via crònache e miti di trascorsi annali,
scòrgerne effetto, accorti, si puote,
da polvo erigendo palazzi regali,

ornati d'affreschi di strofe non vuote,
anzi d'un vivo ed intenso valore,
brillanti qual corte per astrali rote.

Ebbèn, si sofferma un antico cantòre,
che volle studiare ogni aspetto di drago,
sul più mostruoso e su quel che avèa in core:

loschissima landa, di sito ormai vago,
feudo divenne del caprone alato
di fiamme e di stragi, furioso, mai pago,

col tàcito accordo, remunerato,
d'istituzioni podrìde e corrotte
che né foco greco avrebbe mondato!

Vacua pedina, più fosca che notte,
matta mummia grottesca d'antico Egitto,
più orrida era tra quell'alme rotte:

tutto il suo agìr parèa volto al delitto,
eppure dal pùlpito di parrucchìno,
l'ardire a garante avèa d'èrgersi invìtto!

Ai peggiòr dava cariche, finànco a un suino,
«Commèndatòr porco», di Scienza una scoria,
a piovra obbedendo sul capo ognòr chino;

ma tra le sue colpe passate alla Storia
ima evocare fu il drago infernale,
di ferocia eguagliata soltanto da boria:

gli onesti scacciò via dal gregge sociale,
la bestia volante, più nera che pece,
mentre ovini falciava con ago mortale!

Con tale ruìna società si disfece
che di coccodrillo, sgradevoli e vane,
di faraone fur làgrime e prece:

scintilla d'onore o almèn note umane,
se fòsser rimaste a mummia vigliacca,
con scusa ceduto avrìa stanze sovrane!

Però su quel trono era muffa bislacca,
del drago esaltando la mai sazia brama,
lucrando a lui insieme in conflitto che fiacca:

l'ombra infuocata, di tragica fama,
che al passo bruciava 'sin fiori del prato,
d'intèr continente stralciò la trama,

portàndolo, in mesi, a disastro annunciato,
per mòver guerra al gran re dei ghiacci,
da cui mutuo frutto traeva ogni stato!

D'altronde, per popoli, d'insetti e stracci
futuro era scritto in demònica agenda
d'un empio culto dai folli pagliacci,

con zucca vuota, qual capo, tremenda,
spaesato vegliardo, che stringeva mano
a spettri sinistri per trarne prebenda:

era costui del drago villano
sostegno primario, degli inferi alfiere,
pur risultando pupazzo balzano,

dai fili che soli potèansi vedere,
non chi manovrasse cotàl marionetta,
terrore spargendo, ammontando potere!

Ma, come il filosofo per tempo s'aspetta,
pose Equilibrio magia a bilanciare
l'oscura fiera dal ciel maledetta;

narra leggenda che, nell'acque chiare
d'un largo fiume, d'Oriente lontano,
sorse un incanto che vuolsi contare:

orbene, una carpa, da tùrbio pantano,
del rìo risalendo piàn lunga portata,
al pie' giunse infine di sommo altipiano;

risolse, zelante, conquistàr la cascata,
eppure sì arduo appariva il cimento
che mille e mil volte era indietro scagliata!

Quand'ecco, per opra d'astràle portento,
s'accorse il pesciotto che invero cangiato,
financo nel corpo, avèa tanto ardimento:

di metri a dozzine era tutto allungato,
le cromàte squame mutàtesi in oro,
tra abissi lucendo con guizzo fatato;

leonina criniera, di selva l'allòro,
incorniciàvane il radioso viso,
fier bruno vello di saggio decoro;

a coronare sublime sorriso,
divenuti barbigli èran baffi castani
che avrìano poeta d'un guardo conquiso!

Non più vincolato ai flutti dei mani,
in volo s'alzò sovra l'alta cascata,
maestoso libràndo per cieli lontani:

drago era ormai, di belva dannata
polo antitètico, gioia ed affetto
destando quant'altro sputava fiammata!

Tazza di tè sorseggiando, a diletto
tiene confondersi tra umani sovente,
ben camuffato, men ovvio difetto:

se, un dì, splendòr di nocciola fulgente
da barba e baffi irradiare algún vedi,
quello è l'indizio del drago d'Oriente,

al quale, in èstasi, vòlgonsi aèdi,
dal West fino a Càmelot o bosco innevato,
l'alma elevando a più nobili sedi,

come Dante a Beatrice, in verso gemmato,
suo core pintando con stile squisito,
realtà trascendendo oltre il cielo stellato,

ove rime indicanti la luna, qual dito,
a ciascuno rimèmbran che fatti non bruti
fummo a tracciare un cammino fiorito.