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La canzone del panda

Lontano lontano, nel magico Oriente,
in epoca ignota d'un tempo ancestrale,
ha luogo un racconto davvero speciale,
una fiaba incantata, qual astro fulgente:

presso altipiano ove i bambù rigogliosi
crescèvan, svettando per metri nel cielo,
un timido panda, con fèrvido zelo,
tra Scienza e bell'Arte suoi dì laboriosi

trascorreva, soletto mille opre creando,
da fiori e farfalle ognòr circondato,
più ancora da quando si fu allontanato
da greggi d'ovini che ruggìvan belando!

Avèa prima notato un fatàl declinare
d'umanità e civìl interagire,
ma ciò che un dì tristo l'indusse a fuggire
fu un circo di dèmoni asceso a regnare:

indossàvan lor scimmie mutande sul muso,
a inumani decreti obbedendo mansuete,
mentre insulti e violenza esse pur, senza quiete,
riversàvan sui saggi ribelli all'abuso!

«Civiltà non s'invochi, qua invochiamo il demònio!»,
matta mummia, dal pelo assai male invecchiato,
cavalcando vil mostro di fiamme, evocato
per servilismo o brutàl mercimonio,

strillava, esigendo d'avèr pure ragione,
frasi vuote imbastendo di sonanti ideali,
sovrastando gli applausi di corrotti maiali,
mentre vita infangavano a virtuose persone!

Ripensava, sdegnato, il panda a quel fosco
momento, convinto che un dì tutti i cantòri
di Storia dannato avrìan cotàl malfattori,
per l'orrendo lor crimine, quant'assai pochi losco;

eppùr lo stupiva vedèr pecore folli,
da lontano, mediante binòcol teatrale,
cinguettare con grazia alla mummia infernale,
che lor corpo svenduto avèa peggio di polli:

rimembrò barzelletta di secoli addietro,
quando sovrana volèa con briosce sfamare,
ma anco tali racconti parèan perle rare
rispetto agli eventi di quel luogo tetro.

Il sole, intanto, era dell'orizzonte
dietro linea scomparso, in cielo rosato,
sì che il poetico panda, uno zaino indossato,
costeggiando un torrente, discese dal monte;

l'un dopo l'altra, nel cielo sorgeva
ogni stella brillante, che parèagli ammiccare,
mentre lor corte delle tinte più rare,
dal violetto al blu scuro, per gradi pingeva.

Era già sera da poco inoltrata,
sotto la volta che tutta luceva,
quando, in pianura ove il ruscello cedeva
passo a un gran fiume di vasta portata,

sedèttesi il panda e cominciò a sgranocchiare
un leggiadro rametto di bambù appetitoso,
sull'universo meditando pensoso,
in riva del corso ormai prossimo al mare:

tutto era pace e il gentìl sciabordàre
del fiume che plàcido scorreva, assonnato,
con colori, pennelli e cartòn profumato
l'artista invogliato avèa già al disegnare,

sì che dallo zaino trasse suo materiale
per càlligrafìa cesellata cinese,
di pintare bramoso, mentre cortese
luna d'argento sorrideva regale.

Ormai glifi a decine aveva tracciato,
quando - spavento! - funesto prodigio
s'offerse sul rivo, oscuràtosi e bigio,
allo sguardo stupìto e ancòr più costernato:

per l'acqua, esànimi, svariati milioni
di pecorelle flottavano inerti,
di tutte le età, come antichi reperti,
di subàcquee correnti avanzando a spintoni!

Riconobbe tra loro pure vari malvagi
che far danno intendevano al panda e ai suoi cari,
i quali, a esser cavie d'esperimenti contrari,
rifiutarono il marchio, perdendo begli agi:

non facèan più paura, immòte distese,
ma in fondo, davvero, pure le compativa,
chiedendosi se almèn qualche pecora viva
albergasse il coraggio di punìr tali offese!

Tutti sanno che il tempo è uomo galante,
complotti svelando d'ogni feccia al potere,
ma impunita la mummia con suoi mostri a godere
resterìa, dopo mal che avèa sparso zelante?

Dal disgusto travolto, ben oltre misura,
nel vedere sull'onde anco piccìni innocenti,
tra orde di schiavi ai demòni obbedienti,
lo sguardo distolse e tornò a sua scrittura:

sperava che amici a lui un tempo gentili,
un palmo sul cuore d'istinto premendo,
salvati si fossero da tal fato orrendo,
riservato d'inferno alle greggi servili;

gli tremava il pennello e il core ancor più,
al pensàr tal perfidia perpetrata nel mondo,
ma non volèa farsi carico d'altrui fèrreo pondo,
anzi altri morsi diede all'amato bambù.

Tra tanta amarezza, udì un tintinnìo,
flèbil, ma intenso, di campanellini,
che nell'aere squillavano, adamantini,
nell'alma ispirando un arcano disìo;

alzò il guardo incrèdulo e, con sommo stupore,
vide un magico drago, d'Oriente remoto,
che, rapidissimo qual dardo nel vuoto,
l'aere adornava di squisito colore:

bianco, verde e scarlatto, sul corpo sottile,
svettavan, con nere striature sul lato,
sotto un usbergo finissimo, aurato,
che univa ad incanto uno stil signorile;

per completare il dipinto, ovviamente,
una tazza, alle labbra, di buon tè pregiato
ogni tanto portava, sorseggiando estasiato,
incurante dei casi del mondo immanente.

Che baffi, che baffi! Di bel nocciolino,
ondeggiavano ipnòtici, il core scaldando,
àerodinàmici e fieri svettando,
intorno irradiando vigòr mascolino!

Come fòlgor che cade su quercia maestosa,
dando vita a un incendio che fiero divampa,
eguàl fu per il panda, che gelata ogni zampa
sentì da magia quanto mai prodigiosa!

Timido e schivo era assai di natura,
ma dai suoi più bei sogni pareva sortìta
la vìvida imàgo, di profumi fiorita,
sì che rivòlgersi volle alla creatura:

«Drago, che solchi le sfere celesti,
con grazia sui venti planando leggero,
deh! ascolta la voce d'un panda sincero
cantare le strofe che in alma gli desti!»

Stupìto, il buon drago si voltò, rallentando,
il panda mirando con sguardo interdetto,
il quale, agitato, frugò in suo zainetto
e, un liuto accordato, gli disse intonando:

«Guarda che luna,
guarda che drago:
del dolce Oriente
la sublime,
etèrea imàgo!

Lo spazio e il tempo,
a te d'accanto,
sono sfumati
nella tua aura
di soave incanto!

Baffi castani,
di tè profumati,
tràccian per l'aere
luminosi
simboli arcani...

Non sono che un panda
da te ispirato,
ma vorrei poterti dire:
guarda che luna...
...guarda che drago!

Guarda che luna,
guarda che drago,
dal bel sorriso,
di lieta sorte
ognòr presago!

Ciascùn poeta,
da te affascinato,
compone versi
nello stil novo
più cesellato...

Ma guarda che luna!
Guarda che drago!

In questo mondo
che ruzzolàr pare alla ruìna,
non so davvero che sperare,
sol vorrei poterti dire:
guarda che luna...
...guarda che drago!

Guarda che luna...
...guarda che drago!

Che luna!»

Quand'ebbe concluso, il guardo levare
non osava quasi, ma pur tremebondo
s'azzardò e, per una sola fraziòn di secondo,
compiaciuto sorriso gli parve ammirare,

poi fu solo silenzio, era il drago svanito:
l'avèa forse sognato, tra tanto sgomento?
O fu solo illusione di foglie nel vento?
Probabilmente, temeva, mai avrebbe capito,

ma in fondo, pensàndoci, davvero importava?
Ciò che il drago sublime avèa in lui destato,
quei sentimenti, quello zelo accorato,
d'alma èran frammento che ognòr gli restava,

come un gioiello che in eterno risplende,
catturando in sé luce donde venne forgiato,
sovra un mondo cadùco, a trascendenza elevato,
di cui fin mero sguardo migliori ci rende.