LogoArcadia
I baffi più castani del West

Lungi, nell'Ovest, la cerca dell'oro
da ovunque attraèa un río d'avventurieri,
via via più pròsperi, sì che costoro
villaggi fondàron, valenti pionieri,

un sogno felice con zelo forgiando,
maraviglie svelando di nova terra,
landa natìa e suoi mali olvidando,
insana matrigna ver' lor mossa a guerra!

La nostra storia, tuttora istruttiva,
appunto si svolge in paesino remoto,
da circensi fondato, che in comitiva
con Arte riempìvan di colori anco il vuoto:

garbo e uguaglianza regnàron sovrani
per molti decenni, giacché i fondatori
per loro pòsteri radioso un domani
auspicavano, mèmori dei passati dolori;

ma, ahimé, come accade al mondo sovente,
i buoni propòsiti andàron scemando
con generazioni, man man che possente
s'insinuò piovra, potere occupando;

in particolare, vieppiù perniciosi
facèvansi certi che parèan sanitari,
ma verso il prossimo bruti impietosi,
con spocchia atteggiandosi a gran luminàri:

scimmieschi e feroci, concittadini
un tossico intruglio di necromanti
a iniettàr costringevano, qual topolini
sui quali testàr per famiglie regnanti!

Sempre più sventurati, cui alcalde abusivo
imponeva una tessera criminàl esibire,
spenti o storpiati eran dal fluido nocivo,
ma non v'era modo di lor boia punire:

tutti èran corrotti, gendarmi e funzionari,
financo il regnante di quella regione,
d'empietà e orròr garante, che oscuri altari
adoprava qual tramite con ogni demòne,

di modo che, ai tempi del fido racconto,
onesto al potere uno solo restava,
il nòbil sceriffo, che suo tornaconto
sempre dopo Giustizia, austèro, onorava.

Non v'è che dire, Virtude svilita
e perduta pareva da rei sventurati,
ma il Fato, benevolo, in terra appassita
concesse risposta a lor prieghi accorati:

dal magico Oriente giunse un bel forestiero,
detto «gun master» in lingua d'Albione,
ovvero incredibile, geniàl pistolero
che il mondo avèa corso in ventura e passione!

Un omone non era, sicché gran cappello
per sembràr più massiccio sovente indossava,
il quale, in aggiunta, celàvane il vello
di scuro nocciola, che ormai si ritirava:

ergo, per vanità, portava ognòr seco
sbiadita una foto de'suoi verdi anni,
quando bel ciuffo avèa e fresca eco
parèa delle muse, mai preso d'affanni;

eppure il suo volto emanava dolcezza,
più di tortino o di buon marzapane,
speculare a empatìa e a pacata mitezza
che avèa raffinato per terre lontane!

Ad accentuare i mirabili effetti
del nobile viso, signorile e aggraziato,
due ali volàvan di bruni baffetti
che tratti parèan d'un arazzo intarsiato:

in ogni duello, di mezzodì al foco,
nessuno competere potèa con suo vanto,
ma prima di battersi era già fuori gioco
chiunque mirasse di quei baffi l'incanto,

ché la luce del sole allo zenit, riflessa,
del nocciola il gran fascino amplificava,
sì che la mente, abbagliata e perplessa,
d'ardore già piena, la tenzone olvidava!

Tali erano, almèn, di sceriffo gentile
i pensieri allo scorgere il sublime castano,
donde lesto si mosse per l'urbano ovile
sì da primo stringerne la ròsea mano!

Lo invitò a bere, nel sàloon entrando,
ma erano entrambi d'ìndole quieta,
sì che, non àlcool, ma tè arcano versando,
s'assisero a un tavolo in ala discreta;

ah, che profumo di buon té d'Oriente,
«Aroma di drago» del soave straniero,
intenso a tal punto che lo spirto fervente
al rapito sceriffo parve farsi leggero:

tra tanto orrore e tante scelleratezze,
loro due stàvan come in bolla fatata,
mentre il «gun master» sue mille prodezze
raccontava ad un'alma da lui affascinata!

Di storie dal mondo una galleria intera
narrato già avèa quando forte clamòre
interròmper li fece, ché sala nera
s'era fatta allo spènger di luci il fulgore:

sul palco saliròn mendàci dottori,
tra i più violenti, i più loschi e corrotti,
i quali iniziarono a intonare dei cori
per ipnotizzare i cittadini merlotti,

appello facendo agli ìnferi diàvoli
onde potere spettatori ingannare,
mentre siringhe a casaccio tra i tavoli
con forza scagliàvan per ovini centrare!

Prima volta non era dell'orrida scena,
ma lo sceriffo non sapèa contrastarli,
per cui, con voce di preghiera piena,
al sublime castano chiese alfìn di fermarli:

di scatto s'alzò, bruni baffi asciugando,
e prima che ognuno il potesse fermare,
temporalesca saetta eguagliando,
mirati proiettili iniziò a disparare!

Rimbalzàron pallottole sulle pareti,
nessuno ferendo, con stile perfetto,
ma sullo scenario, dipinto da esteti,
inchiodarono maschere, lasciando interdetto

ciascuno in platea, ché scienziati fasulli
non d'uomo avèan volto, ma grossi maiali,
che ora soltanto grugnìvan citrulli,
allevati com'èrano in porcili infernali!

Non solo: rimase colà pur smascherato
financo il lor sòrdido governatore,
matta mummia d'Egitto, che avèa appena cenato
con diàvol di Porte dell'Ade gestore!

Gli spettatori, al vedèr cotàl scena,
dapprima rimasero invero di stucco:
d'autorità avendo crudeltà aliena
ignorato, sentìasi ciascùn mammalucco;

invase il saloon un silenzio di gelo
ma l'atmosfera presto si riscaldò,
poiché uno tsunàmi di sdegnato zelo
contro dèmoni e porci alfìn si sollevò:

il popolo insorse, mitezza olvidando,
per vendicare innumerevoli abusi,
di forconi e di schioppi arsenàl dispiegando,
mentre i mostri, svelati, fuggìvan confusi!

Colòr che perduto avèan cari affetti
per gli esperimenti dei finti scienziati
vendetta esigevano, cargando moschetti,
già ergèndosi a giudici là improvvisati:

tutto il villaggio, levàtosi irato,
inseguì i malfattori e, di certo, financo
alle porte d'Averno avrìa ricacciato
d'antichi aguzzìni quel fètido branco!

Vil matta mummia, dal tupè scimmiesco
che in fiamme ardeva fin quasi a radice,
corse alla spiaggia, ansimando grottesco,
con posa ridicola che a lui ben s'addice:

là invocò Ursula, strega del mare,
dai vaporosi, ossigenati capelli,
e con sortilegio l'esortò a tacitàre
quei che da ovini s'èran fatti ribelli!

Ma tal era lo scàndalo, l'orròr perpetràto,
che solo la fuga ai corrotti restava,
mentre un popolo intero, non più addormentato,
prendendo coscienza di sè, si destava:

di murène un tappeto fècesi incontro
alla mummia spietata, d'orrendo cinismo,
che ancora una volta a fuggire uno scontro
per lui sfavorevole riuscìa con tempismo!

Di finti dottori, infermieri e scienziati
che fine avèa fatto la setta braccata?
Fu forse raggiunta dai paesani infuriàti
o, in qualche selva, ebbe vita graziata?

Non è dato saperlo, ché il nostro cantore,
lo sceriffo poeta, dal clamore stordito,
nel mondo dei sogni per un paio d'ore
fu, suo malgrado, repente spedito!

Dov'era quel dolce pistolero gentile?
Si risvegliò nel saloon tutto vuoto,
eppure, di fronte, un prezioso monìle
sul tàvol rinvenne, del coètaneo ignoto:

in cor sentì fiamme divampàr più di mille,
di bere bramoso con lui un'altra tazza,
sì che, spalancando le ante, scintille
fe' sfrigolare e in un balèn fu alla piazza,

ove in silenzio le ombre allungate
d'un sole al tramonto dal rosso funèreo,
sul loco deserto ormài incontrastate,
regnàvan con rotoli di polvo cinèreo.

Che più lo ancorava? A sé strinse il gioiello
del castàn fascinoso che gli avèa preso il core,
l'incògnito màster di valòr quanto bello,
dall'ìnclito baffo che irradiava splendore:

a cavallo montato, sperando trovarlo,
al paesìno natìo mesto guardo girò,
poi, senza che nulla potesse distrarlo,
solìngo, nel vespro, al galoppo volò.